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Metalli

Inquinanti Tossici Persistenti

I metalli sono costituenti naturali della crosta terrestre. Non tutti i metalli sono inquinanti per l’ambiente o tossici per gli organismi viventi. In ogni caso gli elementi comunemente chiamati metalli pesanti sono quelli più pericolosi per gli ecosistemi: non sono degradabili da attività biologica o fotochimica e possono permanere per centinaia di anni nell’ambiente in cui sono stati rilasciati. Fra le 80 sostanze inquinanti a cui L’Agenzia per la Protezione Ambientale degli Stati Uniti d’America pone maggiore attenzione ci sono 10 metalli pesanti.

Comunemente sono definiti metalli pesanti gli elementi con numero atomico superiore a quello del ferro; questi elementi hanno elevata densità e sono spesso causa di inquinamento per l’ambiente e tossicità per gli esseri viventi.

Questa definizione è generica e la IUPAC ne ha fornita una scientifica; i metalli pesanti devono avere le seguenti caratteristiche:

  • Densità superiore a 5,0 g/cm3
  • Spiccata attitudine a formare complessi
  • Affinità verso i solfuri
  • Comportarsi genericamente come cationi
  • Formare idrati con bassa solubilità

Nella letteratura scientifica e nella legislazione vigente vengono normalmente considerati metalli pesanti gli elementi: alluminio, arsenico, argento, bario, berillio, bismuto, cadmio, cobalto, cromo, ferro, manganese, mercurio, molibdeno, nichel, piombo, rame, stagno, selenio, tallio, vanadio e zinco.

Alcuni di essi sono indispensabili per gli esseri viventi ma risultano tossici per gli organismi al di sopra di determinate concentrazioni: ferro, cobalto, cromo, rame, manganese, molibdeno, selenio e zinco. La linea di demarcazione fra carenza alimentare di tali elementi e tossicità è molto sottile; risulta evidente quanto sia importante conoscere la presenza e l’utilizzo di tali elementi nella vita quotidiana.

Altri metalli sono prevalentemente tossici ed inquinanti: alluminio, arsenico, berillio, cadmio, mercurio, nichel e piombo. Quelli maggiormente responsabili di danni ambientali ed effetti tossici sugli esseri viventi sono: mercurio, cadmio, cromo e piombo.

Il laboratorio C.A.I.M. è in grado di determinare tutti i metalli pesanti, che possono essere presenti nelle acque potabili, nelle acque reflue, nelle acque superficiali, negli alimenti, nell’olio, nel vino e nell’aria; il laboratorio analizza comunemente anche rifiuti, terreni, fertilizzanti e mangimi per la determinazione dei metalli tossici. Il laboratorio C.A.I.M. utilizza metodi riconosciuti a livello internazionale accreditati a garanzia della qualità del dato analitico fornito.

Fenomeni naturali come le eruzioni vulcaniche e le maree contribuiscono alla ciclizzazione naturale dei metalli ma le attività antropiche spesso ne alterano il ritmo di rilascio e trasporto fino ad aumentare di alcuni ordini di grandezza le emissioni.

Sono definite sorgenti puntuali (inquinamento localizzato) di sostanze inquinanti quelle in cui i composti tossici provengono da un singolo punto identificabile. Nelle sorgenti non puntuali le molecole inquinanti provengono da punti dispersi, spesso di difficile identificazione.

Esempi di inquinamento localizzato di metalli sono rappresentati dall’erosione naturale di masse minerali definite e da particelle solide che provengono dalle ciminiere di impianti di incenerimento di combustibili fossili; l’aria, l’acqua e i terreni intorno a questi siti possono contenere elevate quantità di metalli.

Scarico di Acque Reflue

L’uso intensivo di questi elementi da parte dell’uomo ha portato ad una progressiva loro distribuzione nell’ambiente, causando un aumento della percentuale di inquinanti che entra in contatto diretto o indiretto con l’umano.

Questi elementi possono penetrare nel corpo umano attraverso l’acqua, il cibo e l’aria. Dentro ad un organismo possono legarsi alle strutture cellulari danneggiando lo svolgimento di essenziali funzioni biologiche. I metalli, ad esempio, si legano facilmente ai gruppi sulfidrici presenti negli enzimi che controllano la velocità delle reazioni metaboliche: il complesso metallo-enzima che si forma può portare alla perdita dell’attività catalitica dell’enzima.

L’eliminazione dei metalli da un organismo è spesso molto lenta e ciò può causare un bioaccumulo; questo è definito come l’aumento nella concentrazione di un inquinante in un organismo biologico col passare del tempo. I residui si accumulano quando sono assimilati ed immagazzinati più velocemente di quanto siano scomposti, e quindi metabolizzati, o espulsi.

Il fattore di bioconcentrazione (BCF) è un indice della possibilità che ha un organismo di assimilare un composto in un certo ambiente. Può essere espresso come il rapporto tra la concentrazione del prodotto nell’organismo e la concentrazione del composto nell’ambiente esterno. Alcune sostanze inquinanti sono assimilate dagli organismi in misura maggiore di altre: un metallo con elevato fattore di bioconcentrazione in una certa specie animale è assimilato velocemente e rilasciato lentamente; sarà quindi potenzialmente più pericoloso per la salute.

I metalli possono essere introdotti nei sistemi acquatici in presenza di attività industriali o come conseguenza dell’erosione di terre e rocce. Tutti i processi industriali producono acque reflue che devono essere smaltite; la legislazione prescrive le concentrazioni limite che i metalli possono avere nelle acque di scarico a seconda della loro destinazione (pubblica fognatura, corpo idrico superficiale o suolo).

Le acque potabili possono essere contaminate sia durante il trasporto, se le tubazioni utilizzante sono obsolete, che in situ. In quest’ultimo caso le piogge acide possono portare in soluzione gli inquinanti presenti nel terreno; questi possono finire nelle acque sotterranee o in fiumi e laghi.

Il laboratorio C.A.I.M. è in grado di analizzare con metodi accreditati tutti i metalli pesanti potenzialmente contenuti nelle acque.

I metalli possono contaminare l’aria mediante il particolato atmosferico originato da molteplici fonti antropiche: attività minerarie, fonderie, raffinerie, inceneritori di rifiuti e utilizzo di combustibili fossili: carbone, petrolio e suoi derivati (benzina e diesel).

I metalli pesanti possono entrare nella catena alimentare mediante l’assunzione di alimenti o acqua che ne contengono elevante concentrazioni. Il bestiame, ad esempio, può accumulare questi elementi nel proprio organismo se pascola in terreni contaminati o assume mangimi che ne contengono elevate quantità. C.A.I.M. è in grado di analizzare tutti i metalli pesanti potenzialmente contenuti negli alimenti, negli integratori alimentari e negli alimenti ad uso zootecnico.

Contaminazione da Mercurio nella Catena Alimentare

Legislazione

La legislazione dell’Unione Europea e degli stati membri mira a tutelare la salute dell’uomo e degli animali e a limitare l’inquinamento ambientale.

I metalli sono normati in molte matrici; alcune di esse entrano direttamente in contatto con l’uomo: alimenti (tra cui vino e olio extravergine d’oliva), acque potabili, acque superficiali e acque di piscina. I limiti di legge in queste matrici sono ragionevolmente bassi, sia in funzione della migliore tecnologia analitica disponibile per l’effettuazione delle analisi in laboratorio, che sulla base degli effetti tossici che ogni contaminante ha sull’uomo.

Il laboratorio C.A.I.M. è in grado di effettuare l’analisi dei metalli in queste matrici utilizzando la migliore tecnologia disponibile sul mercato (ICP-MS) e metodi accreditati, a garanzia della qualità dei dati analitici forniti.

C.A.I.M., ad esempio, può identificare e quantificare tutti i metalli che hanno un limite legislativo nel vino con metodo accreditato emesso dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV).

  • Il boro, il sodio, l’arsenico, l’argento e il cadmio hanno un limite stabilito nella norma: OIV Code Sheet – Issue 2015/01 XXXVII – Maximum Acceptable Limits.
  • Il rame e lo zinco hanno un limite di legge nel D.M. 29/12/1986 GU SO n° 13 17/01/1987.
  • Il piombo è normato nel Reg. UE 2015/1005 25/06/2015 GU UE L161/9 26/06/2015.

Alcune matrici vengono in contatto con l’uomo solo indirettamente; mangimi contenenti elevate concentrazioni di metalli pesanti possono essere tossici per gli animali e/o possono accumularsi al loro interno ed entrare nella catena alimentare che vede l’uomo all’apice. Analogamente, pascoli e terreni contaminati, possono risultare tossici per gli animali. I rifiuti possono inquinare l’ambiente se non sono smaltiti secondo le modalità previste dalle legislazioni vigenti.

Alcune delle normative più importanti e conosciute in cui sono imposti limiti legislativi ai metalli sono sotto elencate.

  • D. Lgs. 31 02/02/2001 e successive modifiche: controllo e sorveglianza delle acque destinate al consumo umano.
  • D. Lgs. 152/2006 (Allegato 5, Tab. 3 e 4, Parte III) e successive modifiche: acque di scarico in rete fognaria, acqua superficiale o suolo.
  • D. Lgs. 152/2006 (Allegato 5, Tab. 3, Parte IV) e successive modifiche: acque sotterranee.
  • D. Lgs. 152/2006 (Allegato 5, Tab. 1, Parte IV) e successive modifiche: terre e rocce da scavo (siti ad uso commerciale ed industriale).
  • Bollettino Ufficiale Regione Toscana n° 28 20/05/2015 e successive modifiche: controllo e sorveglianza delle acque di piscina e di approvvigionamento alla piscina.
  • Reg. CE 1881/2006 19/12/2006 GU UE L 364/5 20/12/2006 e successive modifiche: tenori massimi dei contaminanti nei prodotti alimentari.
  • Direttiva 2002/32/CE 07/05/2002 GU CE L 140/10 30/05/2002 e successive modifiche: sostanze indesiderabili nell’alimentazione animale (mangimi).
  • D. Lgs. 75 29/04/2010 e successive modifiche: disciplina in materia di fertilizzanti.
  • D.M. 27/09/2010 GU 281 01/12/2010 e successive modifiche: legislazione in materia di ammissibilità in discarica dei rifiuti, metalli nel test di cessione.
  • D.M. 05/02/1998 GU 88 16/04/1998 e successive modifiche: legislazione in materia di recupero dei rifiuti, metalli nel test di cessione.
  • Reg. CE 1272/2008 16/12/2008 GU UE L 353/1 31/12/2008 e successive modifiche: legislazione in materia di classificazione di rifiuti.

Effetti sulla Salute e sull'Ambiente

L’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), nell’ambito delle valutazioni del rischio sui contaminanti negli alimenti, stabilisce una dose giornaliera (DGT) o settimanale (DTS) tollerabile per i metalli. Tale dose è una stima della quantità media di un contaminante chimico che le persone possono ingerire quotidianamente (o settimanalmente) nell’arco della vita senza rischi apprezzabili per la salute.

Per limitare i rischi per l’uomo e per l’ambiente, l’Unione Europa e gli stati membri definisco limiti legislativi propri di ogni metallo nella matrice di interesse. Sono definiti limiti specifici nelle acque potabili, reflue (di scarico), di piscina e superficiali (lago, fiume, mare); sono inoltre stabiliti limiti negli alimenti, nei mangimi, nei terreni (terra e roccia da scavo), nei rifiuti, nel vino e nell’olio.

Antimonio (Sb)

In natura l’antimonio si trova spesso con arsenico, argento, ferro zolfo e tellurio. Nella sua forma elementare è un solido bianco-argenteo molto fragile con scarsa conducibilità termica ed elettrica. Si stima che la sua abbondanza nella crosta terrestre sia compresa tra 0,3 e 0,5 mg/kg.

Questo elemento è usato nei composti ignifughi (triossido di antimonio), nelle batterie, nei pigmenti, nella ceramica e nel vetro. L’esposizione ad elevati livelli di questo elemento per brevi periodi (esposizione acuta) causa nausea, vomito e diarrea. Ci sono poche informazioni sugli effetti dell’esposizione a lungo termine (esposizione cronica) ma è un sospetto cancerogeno per gli esseri umani.

L’antimonio ha limiti legislativi di riferimento, ad esempio, nel D.Lgs. 31/2001 destinato al controllo delle acque a consumo umano, nel D. Lgs. 152/2006 (Allegato 5) per le acque reflue, per le acque sotterranee e per le terre e rocce da scavo (siti ad uso commerciale ed industriale).

Arsenico (As)

L’arsenico è un semimetallo, una sostanza chimica con proprietà intermedie fra quelle dei metalli e quelle dei non metalli. È un contaminante ambientale diffuso in natura essenzialmente come prodotto dell’attività umana. È presente sia in forme organiche che inorganiche, più tossiche.

Nel 2014 l’EFSA ha definito gli alimenti e l’acqua potabile come le principali fonti di esposizione all’arsenico per la popolazione europea. Questo elemento entra facilmente nella catena alimentare attraverso il terreno e/o l’acqua di falda contaminati. Per questo l’EFSA ha aggiornato la propria analisi sui livelli di arsenico nei cibi e sulle stime di esposizione a questo metallo inorganico nelle derrate alimentari e nell’acqua potabile; gli scienziati dell’organizzazione hanno stimato l’intervallo di dose all’interno del quale l’arsenico causa, probabilmente, un misurabile effetto su un organo umano. Tale intervallo, chiamato dose di riferimento (BMD), è 0,3 – 8 μg/kg peso corporeo/giorno. Questo intervallo di riferimento non è un livello assoluto di sicurezza e l’EFSA suggerisce che l’esposizione alimentare sia il più possibile al di sotto del limite inferiore di questo range. Attualmente i dati rilevati a volte superano il punto di riferimento per i potenziali effetti sanitari indicati.

Per questi motivi nella legislazione UE il contenuto di questo metallo nell’acqua potabile non deve superare la concentrazione di 10 μg/l.
Nel 2015 il Reg. UE 2015/1006 ha fissato il limite legislativo dell’arsenico in alcuni alimenti; ad esempio il riso lavorato non-parboiled ha un limite di 0.20 mg/kg.

Controlli sui livelli di questo elemento nell’acqua potabile in territori vulcanici ricchi in minerali, come l’Italia, hanno rilevato spesso valori superiori al limite UE; questi casi sono generalmente trattati dai media locali e nazionali.

L’assunzione prolungata di arsenico inorganico è associata lesioni cutanee, cardiopatie e alcune forme di cancro.

Alluminio (Al)

L’allumino è il terzo elemento più presente nella crosta terrestre: è un elemento ubiquitario molto utilizzato nell’industria. Viene normalmente escluso dai processi metabolici e biochimici vista la scarsa solubilità delle forme in cui si trova; a causa di questa insolubilità è praticamente non biodisponibile.

In passato l’alluminio era considerato un metallo di scarso rilievo sotto il profilo tossicologico ma negli ultimi anni sono stati evidenziati effetti dannosi soprattutto in soggetti con disfunzioni renali. Può causare problemi al sistema nervoso centrale (demenza e perdita di memoria).

Per questi motivi l’alluminio ha, ad esempio, un limite legislativo nel D. Lgs. 31/2001 relativo al controllo e alla sorveglianza delle acque destinate al consumo umano e nel D. Lgs. 152/2006 (Allegato 5, Tab. 3 e 4, Parte III) per le acque di scarico (reflue). Tale legislazione è volta, rispettivamente, alla tutela della salute del consumatore e dell’ambiente.

Bario (Ba)

Il bario è un metallo pesante tossico; si stima che la sua abbondanza nella crosta terrestre sia circa lo 0.02%. Quantità elevate di bario possono essere trovate in terreni e alimenti (noci, alghe, pesci e determinate piante) a causa del vasto uso che se ne fa nell’industria; le attività umane contribuiscono notevolmente al suo rilascio nell’ambiente.

Alcuni antiparassitari possono contenere sali assimilabili di bario (idrossido, cloruro, o carbonato).
Questo metallo si trova anche in ceramiche, plastiche, tessuti e coloranti, additivi per combustibili, sapone e vernici.

La tossicità di questo elemento è relativamente bassa a meno che non venga ingerito o sia presente in aerosol.
L’inalazione di bario può causare l’irritazione temporanea dei polmoni. L’ingestione, ad esempio attraverso acqua contaminata, può provocare diarrea, vomito e dolori addominali.

Bismuto (Bi)

In natura il bismuto si trova sia allo stato nativo che contenuto in numerosi minerali, ad esempio bismutinite. Trova largo impiego nella preparazione di leghe facilmente fusibili. Tali leghe hanno bassi valori di durezza e sono caratterizzate da forte allungamento; hanno assunto grande importanza, come elementi fusibili, nell’allestimento di dispositivi di sicurezza nei cilindri per gas compressi, in porte antincendio e per indicatori automatici di aumenti di temperatura.

Il bismuto è un metallo con elevata tossicità i cui composti possono venire assorbiti dall’uomo. È, ad esempio, in grado di attraversare la placenta e accumularsi nelle ossa del feto. Causa gastroenterite, gravi lesioni renali e ulcerazioni intestinali; può generare anche convulsioni seguite da morte.

Cadmio (Cd)

Il cadmio è un metallo bianco-argento duttile e malleabile simile, per molti aspetti, allo zinco.

Si trova naturalmente nella crosta terrestre, spesso assieme proprio allo zinco. Viene estratto dalla sfelerite, un minerale di zinco e zolfo in cui rappresenta un’impurità significativa.

Si stima che ogni anno vengano scaricate nell’ambiente 25.000 tonnellate di questo elemento; la maggior quantità viene riversata nei fiumi attraverso l’erosione di rocce e terreni.

Questo elemento è presente come impurità nei fertilizzanti a base di fosforo, nei detersivi e nei prodotti petroliferi raffinati. È utilizzato nelle batterie nichel/cadmio, nell’industria aerospaziale e marina come materiale da rivestimento (vista l’elevata resistenza alla corrosione), in alcuni pigmenti, negli stabilizzanti per PVC e in alcune leghe.

Il cibo (pesce, frutti di mare, cioccolato) è la principale fonte di esposizione al cadmio per la popolazione. Può entrare nella catena alimentare da terreni agricoli e produzioni foraggiere contaminate. Per i fumatori la principale fonte è il fumo della sigaretta.

Le sue proprietà tossiche sono dovute principalmente alla sua somiglianza chimica con lo zinco, un micronutriente essenziale per le piante, gli animali e l’uomo. È biopersistente e, una volta assorbito da un organismo, rimane in esso per molti anni.

Tra le patologie associate all’assunzione di cadmio ci sono: diarrea, vomito, danni immunitari e disordini psicologici. L’esposizione prolungata a dosi elevate del metallo può causare disfunzioni renali, osteoporosi e osteomalacia. È stato identificato come potenziale causa di cancro al polmone per gli esseri umani.

Per questi motivi, nelle acque destinate al consumo umano, è stabilito un limite legislativo del cadmio a 5 µg/l; tale concentrazione è tra le più basse previste per i metalli nelle acque potabili.

Cromo (Cr)

Il cromo è un metallo presente per circa lo 0.02% nella crosta terrestre; l’isotopo più abbondante dei 4 conosciuti è il 52 (83.76%). I minerali in cui è contenuto sono la cromite, la crocoite e l’uvarovite.  Il metallo puro, di colore grigio acciaio, ha elevata durezza ed è relativamente inerte dal punto di vista chimico: a temperatura ambiente non viene attaccato dall’ossigeno atmosferico e dall’umidità.

Nei suoi composti questo elemento ha numeri di ossidazione +2, +3 e +6. Tra le molecole del cromo trivalente l’ossido trova impiego come pigmento, abrasivo e, dato il suo alto punto di fusione, nella preparazione di refrattari. Tra i composti esavalenti (Cromo VI) sono rilevanti l’anidride cromica e i cromati.

I suoi derivati sono molto utilizzati nell’industria galvanoplastica, nelle concerie (allumi di cromo) e nella produzione di pigmenti. In campo metallurgico, la produzione delle leghe contenenti questo elemento è vasta visto che sono utilizzate per la produzione degli acciai inossidabili.

L’inquinamento da cromo dei corpi idrici è causato dalla grande quantità di prodotti ad elevata solubilità in acqua e molto stabili, contenenti questo metallo; cromati e bicromati, ad esempio, sono presenti nei residui di lavorazione delle concerie e spesso, soprattutto in passato, erano sversati nelle acque superficiali e nei terreni.

In molti organismi animali e vegetali questo elemento è naturalmente presente ma non è chiaro se svolga un ruolo biologico rilevante. I composti più tossici sono quelli di cromo esavalente che possono provocare il cancro nell’apparato respiratorio, dermatiti e ulcerazioni della pelle. L’esposizione a lungo termine può causare danni al fegato, ai reni, all’apparato circolatorio e al sistema nervoso.

Nelle acque concentrazioni di cromo superiori a 0,1 mg/l sono considerate dannose per la fauna ittica; dalle acque questo metallo può entrare nella catena alimentare consumando pesci in cui si è accumulato.

Rame (Cu)

Il rame, che costituisce circa lo 0,01% della crosta terrestre, è un metallo rossastro malleabile, duttile e con bassa reattività chimica; è un ottimo conduttore di calore ed elettricità.

Ogni anno si producono circa 12 milioni di tonnellate di rame; oltre il 60% è impiegato come compone di materiale elettrico; è utilizzato anche in agricoltura, in edilizia (nei tetti, negli impianti idraulici e negli scambiatori di calore) e per la fabbricazione di leghe (bronzo). La produzione nel mondo è in continua crescita, così come la sua immissione nell’ambiente; questo può causare inquinamento ed avere effetti tossici sugli organismi biologici. Spesso questo metallo viene immesso nelle acque superficiali attraverso scarichi idrici che lo contengono e si accumula nei fanghi e nei depositi di fiumi e laghi. Viene emesso nell’atmosfera anche durante la combustione di carbone e prodotti petroliferi che lo contengono come impurezza.

Il rame fa parte della catena alimentare visto che si trova naturalmente in molti alimenti e nell’acqua potabile; è infatti un oligoelemento indispensabile per la salute umana. Tuttavia, l’esposizione prolungata a concentrazioni elevate, può causare irritazione delle vie aeree, emicrania, dolori di stomaco, vomito, diarrea, danni al fegato e danni ai reni.

Il rame è utilizzato in enologia ed ha un limite legislativo specifico nel vino: 1 mg/l.

Piombo (Pb)

Il piombo, insieme al mercurio, è il re dei metalli pesanti; ha alta densità ed è tenero ma può assumere una durezza relativamente alta se addizionato di piccole percentuali di altri elementi. Può essere attaccato dagli agenti atmosferici formando uno strato superficiale protettivo; tale strato lo protegge da ulteriore degradazione.

È usato per fabbricare tubi per condutture idriche, piastre di accumulatori elettrici, proiettili per armi da fuoco, vetri e come additivo in vernici, smalti e cosmetici. Questo metallo, e molti suoi composti, sono estremamente tossici e inquinanti.

Il piombo tetraetile in passato veniva largamente utilizzato come antidetonante nei combustibili per autotrazione. Paradossalmente, negli stessi anni in cui in Europa venivano proibite le vernici al piombo, si continuava ad additivare questo composto alle benzine nonostante fina dal 1925 si dibattesse sul suo forte carico inquinante. L’uso di additivi al piombo raggiunse i livelli più alti negli anni ’70, quando evidenze mediche obbligarono i governi a porre le prime limitazioni. Solo negli anni ’90 si è arrivati alla messa al bando delle “benzine al piombo” negli USA e nell’UE.

Come si vede nell’immagine, in Italia la benzina “al piombo” era commercializzata con il nome di “benzina super” dalle pompe di colore rosso. Le pompe di colore verde, le uniche rimaste attualmente, distribuiscono invece la benzina priva di additivi che contengono questo metallo.

Molti studi clinici hanno dimostrato come i suoi livelli nel sangue siano più che dimezzati grazie all’introduzione delle benzine verdi.

Nell’Unione Europea la questione del piombo è stata affrontata in diversi settori per limitare l’utilizzo di questo metallo e ridurne l’emissione nell’ambiente. La Direttiva 2000/53/CE ha imposto limitazioni al suo utilizzo nell’intero ciclo di vita degli automezzi (ad esempio sono stati banditi i contrappesi in piombo utilizzati per l’equilibratura delle ruote).

L’impiego dei composti che contengono questo metallo è stato sottoposto a limitazioni a seguito del Reg. 1907/2006 concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e le restrizioni delle sostanze chimiche in grado di arrecare danno alla salute umana e all’ambiente (REACH).

Limitazioni sono state previste per la realizzazione di apparecchiature elettriche, di giocattoli (Direttiva 2009/48/CE) e di inchiostri per imballaggi alimentari. In alcuni paesi sono stati posti divieti all’uso di pesi da pesca in piombo.

Anche per lo smaltimento dei prodotti che contengono questo elemento sono state introdotte regole precise per evitarne la dispersione nell’ambiente e favorirne il riciclo.

Riduzioni sensibili nell’uso del piombo e dei suoi composti si sono registrate nei paesi economicamente avanzati mentre nei paesi emergenti, a causa di una dotazione tecnologica meno sofisticata, la tendenza è ancora all’aumento dei consumi.

Nell’ immagine sono riportati i 50 siti maggiormente contaminati da piombo in Europa. Lo studio è stato condotto su campioni di terreno mineralizzati con acqua regia; i metalli sono stati successivamente quantificati con lo strumento ICP-MS.

Vista l’enorme diffusione che ha avuto in passato, il piombo è ormai entrato nella catena alimentare. Nelle zone più inquinate si è accumulano nei terreni agricoli, nelle acque superficiali e nelle acque sotterranee usate per l’irrigazione. La contaminazione, spesso, si è estesa e si può estendere a molti alimenti tra cui frutta, verdura, cereali, carne e vino. Questo metallo può contaminare l’acqua destinata al consumo umano trasportata in vecchie tubazioni contenenti piombo.

Per questi motivi il metallo, oltre ad essere normato nei terreni e nelle acque potabili, reflue, superficiali e sotterranee, ha un limite legislativo anche in molti alimenti, come indicato nel Reg. CE 1881/2006.

L’esposizione al piombo ed ai suoi composti, oltre ad essere estremamente dannosa per piante e animali, negli esseri umani può provocare molti effetti biologici a seconda del livello e della durata di esposizione. Esposizioni acute possono provocare problemi ai reni, al tratto gastrointestinale, al sistema riproduttivo e al sistema nervoso (è una potente neurotossina). A concentrazioni intermedie può incidere sullo sviluppo neuropsicologico dei bambini. Alcuni studi suggeriscono che nei bambini ci possa essere una perdita di 2 punti di quoziente d’intelligenza a seguito di un aumento della sua concentrazione nel sangue da 10 a 20 µg/dl.

Il Laboratorio C.A.I.M. effettua la determinazione dei metalli in campioni di terreno (terra e roccia da scavo) seguendo la stessa tecnica analitica e la migliore tecnologia disponibile sul mercato.

Manganese (Mn)

Il manganese è un metallo molte reattivo, duro e fragile di color grigio-rosa. Il manganese, nella forma di ossidi e idrossidi, è uno dei metalli più abbondanti nel terreno; se ne estraggono circa 25 milioni di tonnellate ogni anno.

L’industria siderurgica per la produzione di ferro e acciaio costituisce la maggior parte della richiesta di questo metallo: è un componente chiave delle produzioni a basso costo di acciaio inossidabile e di leghe di alluminio. Alcuni suoi composti sono utilizzati come catalizzatori di reazioni chimiche industriali, altri sono usati per colorare e decolorare il vetro o come ossidanti in chimica e medicina (permanganato di potassio); spesso è un componente dei fertilizzanti.

È un elemento essenziale per tutte le specie; molti mammiferi ne contendono naturalmente fino a 5 mg/kg nei loro tessuti; per questo è un oligoelemento essenziale tossico: è necessario per la sopravvivenza degli esseri umani ma è dannoso a concentrazioni elevate. Alcuni degli alimenti più ricchi in manganese sono frumento, riso, uova, olio d’oliva e fagioli.

Gli effetti tossici di questo metallo si presentano nelle vie respiratorie, nel sistema nervoso (può causare il Parkinson o schizofrenia) e nel sistema riproduttivo (può causare impotenza nell’uomo). Alcuni suoi composti sono cancerogeni.

Mercurio (Hg)

Il mercurio, insieme al piombo, è il re dei metalli pesanti. È l’unico metallo che in condizioni atmosferiche standard (20°C e pressione atmosferica) è liquido; allo stato puro si altera assai lentamente se esposto all’aria e non è solubile in acqua. Si unisce facilmente in leghe, chiamate amalgami, con molti metalli (ad esempio oro, argento e stagno). Il minerale da cui viene estratto è il cinabro (solfato di mercurio).

In passato veniva utilizzato nei procedimenti estrattivi di metalli pregiati, nell’industria chimica, farmaceutica, meccanica e bellica (il fulminato di mercurio è un detonante) tanto che nei primi anni del 1900 è divenuto una materia prima strategica. Questo metallo è ormai definitivamente condannato come un elemento ad altissima tossicità per cui, attualmente, i suoi utilizzi sono molto scarsi. Lo sviluppo tecnologico ha permesso di sostituirlo con altri componenti di più sicura tollerabilità.

Negli ultimi anni le emissioni globali del mercurio, analogamente a quelle del piombo, sono diminuite nei paesi tecnologicamente avanzati ma sono aumentate in stati con economia in via di sviluppo.

Questo metallo è tossico sia in forma pura che nei suoi composti. Il metilmercurio è il composto organico più pericoloso; viene emesso nell’ambiente in molti processi industriali e durante la combustione del carbone. Questa molecola, estremamente bioaccumulabile, si forma a partire dal mercurio inorganico, anche naturalmente in ambiente acquoso, per azione di organismi anaerobici che vivono in ecosistemi acquosi o umidi. Questo processo ha provocato tragici avvelenamenti da metilmercurio (malattia di Minamata) in Giappone, dove sono morte oltre 1700 persone, e in Canada.

La sua azione tossica può causare cancro e modifiche al DNA perché, negli organismi biologici, può inibire i gruppi sulfidrici di molti enzimi e generare la precipitazione di alcune proteine, soprattutto quelle sintetizzate nel sistema nervoso.

L’accumulo dell’elemento nell’organismo causa effetti tossici che si possono manifestare in tre forme.

  1. Intossicazione acuta: se la via di penetrazione è respiratoria causa tracheobronchite e tosse ipertermica; se la via di penetrazione è digerente si ha gastroenterite e ulceroemorragica acuta.
  2. Intossicazione subacuta: si manifesta con tosse, irritazione bronchiale, vomito, diarrea, stomatite, ulcerazioni orali, eritrodermatite mercuriale e nefrite).
  3. Intossicazione cronica (mercurialismo): causa alterazioni digestive, otorinolaringologiche, oculari, renali e cerebrali provocando. La sintomatologia deriva dalle disfunzioni del sistema nervoso perché il cervello rappresenta l’organo bersaglio del metilmercurio.

Il mercurio è, inoltre, in grado di attraversare la placenta e concentrarsi nel feto, aumentando esponenzialmente i danni causati.

Sintomi progressivi da avvelenamento da mercurio negli adulti.

  • Mal di testa.
  • Perdita di memoria.
  • Perdita dell’udito.
  • Problemi visivi.
  • Dislessia.
  • Spasmi muscolari.
  • Intorpidimento attorno alla bocca.
  • Paralisi.
  • Coma.
  • Morte.

Il mercurio, soprattutto in prossimità delle miniere da cui veniva estratto e delle industrie che lo utilizzavano, e purtroppo in molti casi utilizzano tutt’ora nei loro processi produttivi, può aver contaminato i terreni agricoli e le acque superficiali e sotterranee. Da queste matrici la contaminazione può estendersi alle colture e agli organismi biologici che vivono nell’ecosistema inquinato. Successivamente il metallo entra direttamente in contatto con l’uomo con l’assunzione di cibo (soprattutto pesce) e acqua potabile.

Importante notare come il pesce abbia la capacità di accumulare il metallo al suo interno: spesso la concentrazione di questo elemento nell’organismo è superiore a quella nell’ambiente acquatico in cui le specie ittiche vivono.  Nei primi anni ’70, ad esempio, è stata impedita la commercializzazione di prodotti provenienti dal fiume e dal lago Saint Clair in Canada, a causa degli altissimi livelli di Hg negli stessi, dovuto all’uso del metallo nelle cartiere presenti sul territorio.

Nel gennaio 2015 l’EFSA ha pubblicato un documento scientifico sui rischi e benefici del consumo di frutti di mare, con riferimento alla presenza di mercurio nelle specie ittiche. L’EFSA raccomanda agli stati membri di esaminare i modelli nazionali di consumo di pesce e di valutare il rischio, per i vari gruppi della popolazione, che superino i livelli di sicurezza per il metilmercurio, mantenendo contemporaneamente i benefici per la salute collegati al consumo di pesce. Ciò vale in particolare per specie consumate con frequenza: molluschi, pesce spada, luccio e tonno.

L’EFSA ha stabilito una dose settimanale tollerabile (DST) di assunzione di metilmercurio di 1,3 µg per kg di peso corporeo e un consumo settimanale di pesce compreso tra 1 e 4 porzioni.

Il Mercurio in Toscana "Il Monte Amiata e la Costa Livornese"

Per circa un secolo (1870 – 1970) nel territorio dell’Amiata è stata presente un’intensa attività di estrazione industriale di cinabro. Le miniere arrivarono a produrre la metà dell’intera produzione mondiale.

L’estrazione del cinabro ha inizio intorno alla metà del 1800 quando, nelle campagne di Castellazzara, viene raccolto a cielo aperto o in cave di facile accesso; nel 1870 vi fu un forte incremento nella produzione del mercurio con l’apertura di altre miniere nei comuni di Castellazzare e Santa Fiora. Successivamente, con la nascita delle miniere di Abbadia San Salvatore, si arrivarono a impiegare oltre 1000 addetti. Le miniere iniziarono a chiudere alla fine degli anni ’60 a causa della crisi internazionale del mercato del mercurio, provocata delle ormai note proprietà tossiche dell’elemento e dei sui composti; nel 1976 tutte le miniere furono chiuse.

Purtroppo le società minerarie si sono completamente disinteressate alle operazioni di bonifica e di rimodellazione ambientale dei siti minerari. Nonostante gli interventi di bonifica garantiti dello stato, soprattutto dagli anni ’90, il mercurio e i suoi composti inquinano ancora notevolmente acque superficiali, acque sotterranee e terreni.

In Toscana esiste un’altra parte di territorio fortemente inquinata da mercurio. Nelle acque di mare della costa livornese la concentrazione rilevata è spesso molto alta a causa dell’emissione, con acqua reflua, di mercurio da parte di un’industria che utilizza il metallo nei sui processi produttivi. La concentrazione di mercurio nei sedimenti marini è molto alta in prossimità dello scarico a causa dello sversamento che, sia pure limitato negli ultimi anni, prosegue da decine di anni.

Nichel (Ni)

Il nichel è un metallo pesante che costituisce circa lo 0.01% in peso della crosta terrestre; ha un colore grigio chiaro, è lucente e magnetico ed ha caratteristiche simili a quelle degli acciai dolci. Ha ottima resistenza agli agenti atmosferici grazie ai fenomeni di passivazione che subisce in superficie. Nonostante il suo costo elevato è molto utilizzato sia puro che in leghe; negli acciai può essere presente in quantità variabili dallo 0.5 al 35%.

Piccole quantità di nichel sono necessarie al corpo umano ma in quantità eccessive diviene tossico; un’esposizione acuta (sia per contatto che per ingestione) può causare allergie mentre un’esposizione di lunga durata si manifesta con irritazioni cutanee, danni al fegato e al cuore.

Questo metallo può accumularsi in ambiente acquoso ma la sua presenza non è amplificata nei cicli alimentari.

Nell’Unione Europea non sono previsti limiti massimi di nichel negli alimenti ma nel 2015 l’EFSA ha pubblicato un parere scientifico sui rischi per la salute umana associati al metallo presente nei cibi; l’attuale esposizione alimentare a questo elemento è motivo di preoccupazione per la popolazione europea e l’organizzazione ha definito una dose giornaliera tollerabile (DGT) di 2,8 µg per kg di peso corporeo.

Selenio (Se)

Il selenio è un oligoelemento raro la cui presenza nell’uomo è fondamentale in molti processi biologici; si trova in piccola quantità nella litosfera: 0.1 – 0.01 mg/kg. Si presenta in cristalli di colore grigio o rossastro e presenta numeri di ossidazione +1, ±2, +4, +6. Alcune piante (selenifere) assorbono selenio dal terreno e possono contenerne fino all’1,5%.

È utilizzato in applicazioni elettriche e xerografiche.

La fonte di selenio per l’uomo è l’alimentazione: fegato, pesce, molluschi, latte e derivati, noci, arachidi, frutta, riso e carne. È fondamentale per il funzionamento di alcuni enzimi (seleno-proteine) che esplicano la loro azione essenzialmente nel metabolismo tiroideo.

Un quantitativo eccessivo di metallo nel corpo umano, soprattutto se accumulato a seguito di un’esposizione cronica, può portare al danneggiamento del sistema nervoso, ad affaticamento, perdita delle unghie e dei capelli, danneggiamento di fegato, reni e del tessuto circolatorio.

Tallio (Tl)

Il tallio è un metallo pesante non raro, estremamente tossico, più tenero del piombo, costituito da 2 isotopi stabili (203 con abbondanza del 29,5% e 205 con abbondanza del 70,5%). In natura è molto disperso, soprattutto in minerali di potassio; si presenta bianco ma si ossida rapidamente all’aria facendo acquisire alla superficie un colore grigio-bruno.

Nei suoi composti può presentare stato di ossidazione +1 e +3; è utilizzato puro in leghe (binarie e ternarie) con piombo, argento e alluminio. Alcuni suoi derivati si usano nei vetri d’ottica (vetro speciale a basso punto di fusione per lenti altamente riflettenti), negli insetticidi (nella legislazione UE è proibito) e nei topicidi, in agenti fotosensibili e in alcuni catalizzatori.

Il tallio è abbastanza solubile in acqua e può contaminare le acque di falda se il suo quantitativo nei terreni è rilevante.
È fortemente inquinante per l’ambiente perché tossico per gli animali e le piante.

Il corpo umano assorbe molto efficacemente questo elemento attraverso la pelle, l’apparato respiratorio e digestivo. Una intossicazione acuta da tallio può causare dolori addominali, scialorrea, vomito, convulsioni e paralisi; in alcuni casi i danni sono così irreversibili che sopraggiunge la morte. Una intossicazione cronica porta a necrosi e danni epatici; il danno epatico è rilevante ma spesso il sospetto diagnostico è tardivo ed entro 2-3 settimane può sopraggiungere la morte. Sopravvivere a un avvelenamento da tallio può comunque lasciare gravi irreversibili al sistema nervoso: tremito, paralisi e cambiamenti del comportamento.

Vanadio (V)

Il vanadio è un metallo pesante raro di colore argenteo; è tenero, duttile e resistente alla corrosione; in natura si trova nella crosta terrestre, in una percentuale dello 0.02% circa, solo come composto inorganico (vanadinite e carnotite sono i metalli più comuni). I suoi derivati organici sono generalmente instabili.

Il suo utilizzo è associato a quello di altri metalli (come ferro, uranio, titanio e alluminio) per la produzione di leghe; la maggior parte del vanadio prodotto viene utilizzata per la sintesi di acciai speciali al carbonio (la percentuale del metallo può arrivare al 5%).

Il pentossido di vanadio e l’ammonio metavanadato sono molecole utilizzate come catalizzatori nell’industria chimica per la sintesi di acido solforico e materie plastiche.

Questo elemento viene emesso nell’ambiente dalla combustione di prodotti petroliferi (è associato alle frazioni più pesanti) e da attività antropiche legate alle industrie siderurgiche. Può entrare nella catena alimentare:

  • Con mangimi contaminati, soprattutto se destinati agli avicoli.
  • Accumulandosi in organismi planctonici, nelle alghe marine e in alcune specie di pesci, dove può arrivare ad avere un fattore di bioaccumulo (BCF) di oltre 600.
  • Da animali che pascolano su terreni contaminati o che bevono acque.

Nell’aria delle città la concentrazione media annua di vanadio può arrivare a 100 ng/m3. Dall’aria il metallo può ricadere al suolo, dove si accumula, o entrare nell’organismo umano mediante l’apparato respiratorio.

Questo metallo può provocare danni alle coltivazioni; nonostante sia naturalmente presente nei vegetali e nei tessuti animali è ancora da dimostrare l’essenzialità dell’elemento nei processi biologici e nell’uomo, dove si accumula nei tessuti ossei, nei reni, nel fegato e nei polmoni. Ha effetti tossici subacuti e cronici nel sistema respiratorio (bronchiti, polmoniti, enfisema, asma), nervoso e digerente.

Tecnica Analitica

Il laboratorio C.A.I.M. può determinare i metalli mediante due tecniche analitiche:

  • Spettrometria ad emissione ottica al plasma accoppiato induttivamente, ICP-OES (“Inductively Coupled Plasma Optical Emission Spectrometry”);
  • Spettrometria in massa al plasma accoppiato induttivamente, ICP-MS (“Inductively Coupled Plasma Mass Spectrometry”).

Il tipo di matrice da analizzare, i metalli da determinare e i limiti legislativi da verificare hanno un ruolo decisivo nell’identificazione della tecnica analitica più adatta al singolo caso specifico e alle esigenze del cliente.

Questi strumenti hanno sostituito la vecchia tecnologia legata all’Assorbimento Atomico, tecnica meno sensibile e più soggetta a interferenze ed effetti matrice, ma ancora in uso in molti laboratori.

La tecnica dell’ICP-OES sfrutta l’utilizzo di una torcia al plasma per produrre la dissociazione e l’eccitazione atomica, successivamente uno spettrofotometro rileva l’intensità della radiazione elettromagnetica emessa in seguito alla ricaduta elettronica.

Il plasma viene prodotto, a circa 5000°C, utilizzando un flusso di argon.

Il laboratorio C.A.I.M. è accreditato per individuare e quantificare i metalli in fertilizzanti, ammendanti e compost con questo metodo; il campione viene mineralizzato ed i metalli vengono determinati nell’estratto acquoso acido.

ICP-OES

Inductively Coupled Plasma Optical Emission Spectrometry

Per quanto riguarda invece l’ICP-MS rappresenta la miglior tecnologia disponibile sul mercato per identificare e quantificare i metalli in moltissime matrici. La tecnica analitica sfrutta l’utilizzo di una torcia al plasma per produrre la ionizzazione e di uno spettrometro di massa per la separazione e rilevazione degli ioni prodotti. Il plasma viene prodotto ad una temperatura di circa 8000°C (è la temperatura della superficie del sole!) utilizzando un flusso di argon.

C.A.I.M. utilizza questa tecnologia per determinare i metalli negli estratti acidi di rifiuti, terre e rocce da scavo, alimenti e mangimi. I campioni vengono mineralizzati mediante digestione termica o a microonde; successivamente, mediante questa tecnica analitica, ogni metallo presente viene riconosciuto e quantificato senza margine di errore.

La stessa tecnologia viene utilizzata dal laboratorio per determinare direttamente i metalli in campioni acquosi e nel vino.

Tutte le procedure descritte, a garanzia della qualità dei dati analitici forniti, sono accreditate.

ICP-MS

Inductively Coupled Plasma Mass Spectrometry