
Brettanomyces
E i suoi effetti organolettici
Nome introdotto per la prima volta più di un secolo fa in occasione di una presentazione di una birra inglese, nel corso degli anni i lieviti appartenenti al genere Brettanomyces/Dekkera sono stati descritti da molti autori come parte del microbiota di numerosi prodotti fermentati quali, ad esempio, vino, birra, sidro, kombucha e kefyr. Possono esistere in due forme: Brettanomyces – forma asessuale, non sporigena; Dekkera – forma sessuale, sporigena. Da un punto di vista tassonomico, il genere Brettanomyces/Dekkera include cinque specie: Brettanomyces bruxellensis, Brettanomyces anomalus, Brettanomyces custersianus; Brettanomyces naardenensis e Brettanomyces nanus. Nelle prime due specie sono state osservate le forme sporigene che prendono rispettivamente il nome di Dekkera bruxellensis e Dekkera anomalus.
Notevoli danni economici riscontrati in tutto il mondo vedono protagonista la presenza nei vini di Brettanomyces/Dekkera spp., i quali determinano modifiche organolettiche dovute alla comparsa di odori fenolici che richiamano sentori di fattoria, sudore di cavallo, di pelle e di cuoio che vengono insieme definiti nota “Brett”.
Riscontrati raramente nel corso della fermentazione alcolica dei mosti, Brettanomyces/Dekkera spp. può sviluppare nel corso dell’invecchiamento del vino nonché dopo la fase di imbottigliamento. Arriva in cantina dal vigneto e può colonizzare le attrezzature, le vasche in cemento, il legno delle botti e delle barrique con capacità di sviluppo fino a 8 mm all’interno del legno stesso, quindi è in grado di contaminare potenzialmente tutte le superfici ed in particolare quelle che risultano essere porose. Infatti, la sua presenza in cantina è stata riscontrata in diverse aree vitivinicole del mondo comprovando di non avere siti preferenziali di contaminazione. La specie più diffusa nel vino risulta essere B. bruxellensis (Figura 1), sebbene, in misura minore, sono stati isolati anche ceppi di B. anomalus.

Figura 1. Cellule di Dekkera bruxellensis CBS 72.
Fonte: Kurtzman CP, Fell JW, Boekhout T. 2011. The yeasts: A taxonomic study. Amsterdam: Elsevier Science. Pag. 376
In particolare, i vini rossi sono molto più suscettibili allo sviluppo di B. bruxellensis per le loro caratteristiche intrinseche quali bassa acidità, concentrazioni elevate di polifenoli nonché dal processo produttivo come l’invecchiamento nelle botti. Per cui, le varietà rosse di Vitis vinifera con alte concentrazioni in polifenoli potrebbero favorire lo sviluppo di B. bruxellensis. Diversamente, l’efficacia dell’anidride solforosa, il basso pH e l’assenza di molecole precursore giustificano la bassa capacità di sviluppo nei vini bianchi.
La specie B. bruxellensis risulta essere molto resistente infatti, è in grado di sviluppare in presenza di basse concentrazioni di nutrienti e alte concentrazioni di etanolo. Inoltre, è capace di produrre quantità significative di acido acetico, ma soprattutto di convertire gli acidi idrossicinnamici, naturalmente presenti in mosti e uve, in fenoli volatili i quali influenzano marcatamente le caratteristiche sensoriali del vino. Le molecole più importanti appartenenti a questa classe risultano essere: 4-vinilfenolo, 4-vinilguaiacolo, 4-etilfenolo e 4-etilguaiacolo. La sintesi dei fenoli volatili coinvolge l’azione sequenziale di due enzimi i cui substrati risultano essere gli acidi idrossicinnamici quali acido ferulico, acido p-cumarico o acido caffeico. Gli acidi idrossicinnamici vengono quindi prima decarbossilati a vinilfenoli e successivamente ridotti a etil-derivati (Figura 2).

Figura 2. Sintesi degli etilfenoli da precursori idrossicinnamici. CBS 72.
Sebbene numerosi batteri, funghi e lieviti sono in grado di sintetizzare l’enzima che favorisce la decarbossilazione degli acidi idrossicinnamici, la fase enzimatica di riduzione a etilfenoli è eseguita solo da B. bruxellensis, B. anomalus, Pichia guillermondii e da alcune specie appartenenti al genere Candida. Infatti, sebbene anche altri lieviti coinvolti nella produzione di vino come Saccharomyces cerevisiae, Pichia spp., Torulaspora spp. e Zygosaccharomyces spp. sono in grado di sintetizzare 4-vinilfenolo, essi risultano essere incapaci di ridurlo enzimaticamente a 4-etilfenolo. La soglia sensoriale del 4-etilfenolo è di circa 230 µg/L, conseguentemente piccole quantità di questa molecola risultano essere percepibili in molti vini. Diversamente un effetto minore sul vino è svolto dal 4-etilguaiacolo la cui soglia sensoriale è di circa 47 µg/L. Alcuni autori hanno suggerito la suddivisione dei vini in base alla concentrazione di 4-etilfenolo in vini con alto (3000 µg/L) medio (1740 µg/L) e assenza (680 µg/L) di carattere Brett.
Pertanto, in presenza di B. bruxellensis la manovra correttiva deve essere tempestiva per evitare ingenti danni economici. Di conseguenza, nel corso degli anni il laboratorio analisi C.A.I.M ha sviluppato metodi analitici rapidi e sensibili al fine di consentire agli operatori del settore enologico di controllare le dinamiche di processo ed evitare fenomeni di “spoilage”.
Attualmente, la strategia microbiologica di analisi largamente impiegata dai laboratori che operano nel settore enologico è la coltura su terreno solido selettivo che permette la conta di Brettanomyces spp. i cui risultati possono essere forniti in circa otto giorni. Il principale limite che nasce dall’impiego di un approccio tradizionale di tipo coltura-dipendente, è che l’isolamento può risultare difficile in quanto la limitata velocità di crescita e la bassa concentrazione cellulare ne rende difficile l’individuazione rispetto ad altre specie di lievito presenti in concentrazioni maggiori. Inoltre, le cellule di Brettanomyces spp. possono trovarsi in uno stato vitale ma di non coltivabilità (Viable But Not Coltivable, VBNC) e quindi la sua ricerca può risultare difficile con le classiche tecniche microbiologiche. Infatti, i metodi basati sulla coltivabilità possono essere inaccurati a causa dello stato VBNC e, le cellule, seppur non in grado di effettuare la divisione cellulare, sono metabolicamente attive e in grado di produrre etilfenoli. Per superare questi limiti il laboratorio C.A.I.M, oltre alle tecniche tradizionali di conta su piastra di Brettanomyces spp., ha sviluppato negli ultimi anni metodiche di biologia molecolare basate sull’analisi del DNA che non richiedono procedure di isolamento su terreni di coltura e che garantiscono l’identificazione sicura di B. bruxellensis anche se in presenza di basse concentrazioni, quando le molecole responsabili dei difetti olfattivi non si sono ancora formate. In particolare, mediante l’impiego da parte del laboratorio di un approccio di tipo coltura-indipendente, il DNA è estratto direttamente dalla matrice vino e mediante tecniche di PCR (Polymerase Chain Reaction) è possibile amplificare una sequenza bersaglio del microrganismo d’interesse in un campione eterogeneo di sequenze. Per queste ragioni, il laboratorio C.A.I.M ha accreditato un metodo che permette di rilevare e quantificare B. bruxellensis mediante PCR quantitativa (qPCR). Quest’ultima, non solo consente di rilevare il microrganismo in esame ma anche di quantificarlo. Infatti la qPCR è un metodo rapido (meno di 3 ore) e sensibile per il monitoraggio e la quantificazione del lievito, riuscendo a rilevare anche basse concentrazioni cellulari (10 UFC/ml).
Pertanto, queste metodiche innovative adottate dal laboratorio C.A.I.M risultano essere uno strumento prezioso per l’enologo consentendogli di verificare in tempo reale la presenza di microrganismi indesiderati anche nelle prime fasi della vinificazione permettendo di effettuare scelte opportune e tempestive.
Tecnica Analitica
Il laboratorio analisi C.A.I.M. è in grado di offrire ai propri clienti approcci differenti per la ricerca e conta di Brettanomyces.
Il primo approccio, di tipo coltura-dipendente, prevede l’utilizzo di terreni solidi selettivi che possono essere impiegati mediante tecniche di semina del campione o per filtrazione del campione stesso su membrane che successivamente vengono posizionate sul terreno di coltura.

Coltura in Piastra
Tecniche di Semina e Filtrazione
Recentemente, diversi autori hanno investigato circa la possibilità di contaminazione da parte di Brettanomyces spp. proveniente dall’aria.
Seppur la maggior parte dei lieviti isolati appartengono al gruppo dei non-Saccharomyces come ad esempio specie appartenente al genere Sporidiobolus e Cryptococcus, alcuni ricercatori hanno evidenziato la presenza di Brettanomyces/Dekkera in alcune aree predisposte alla vinificazione, dimostrando che anche l’aria può essere veicolo di contaminazione. Per questo motivo, il laboratorio C.A.I.M è in grado di valutare la presenza di Brettanomyces spp. nell’aria attraverso l’uso della tecnologia “SAS, Surface Air System” capace di campionare attivamente volumi noti di aria che vengono inviati direttamente sulla superficie del terreno di coltura specifico.
Surface Air System (SAS)
Tecnica di Campionamento Aria

Poiché le tecniche coltura-dipendenti per la conta di Brettanomyces spp. possono richiedere fino a 8-10 giorni, appare di notevole interesse l’applicazione di metodi rapidi che consentono di monitorare la presenza di Brettanomyces in modo da poter intervenire tempestivamente per il ripristino delle condizioni ottimali di processo.
Lo sviluppo di tecniche di PCR e l’incremento esponenziale in database di sequenze di DNA, che permettono di disegnare sonde sempre più specifiche, hanno guidato il perfezionamento di sistemi coltura-indipendenti per la quantificazione dei microrganismi. Per ottenere risultati attendibili da un processo basato su sistemi coltura-indipendenti è, senza dubbio, necessario disporre di un buon protocollo di estrazione del DNA.
Il laboratorio analisi C.A.I.M. ha sviluppato metodi che permettono di estrarre il DNA direttamente dalla matrice vino e contemporaneamente ridurre notevolmente la presenza di possibili inibitori della PCR impiegata nella fase successiva dell’estrazione. La determinazione della specie di lievito Brettanomyces bruxellensis avviene mediante Real-Time PCR con applicazione quantitativa (qPCR). In particolare, la tecnica permette di amplificare una specifica sequenza di DNA e di monitorare la reazione di PCR acquisendo, ad intervalli regolari, un segnale emesso da marcatori fluorescenti, il cui accumulo segue la stessa cinetica di reazione. La fluorescenza rilevata a ciascun ciclo di amplificazione viene riportata in grafico in funzione del numero di cicli di PCR la cui fluorescenza sarà proporzionale al numero di copie di DNA amplificato ad ogni ciclo e, quindi, al numero di copie di partenza. La quantificazione avviene mediante la costruzione di una curva standard con quantità note della sequenza target da quantificare. La scelta dell’analisi in qPCR permette di ottenere risultati rapidi, in meno di 3 ore, e sensibili per il monitoraggio e la quantificazione del lievito.

RT-qPCR
Quantitative Real Time – Polymerase Chain Reaction